Il trasferimento del data center è un’operazione importante e delicata. Esistono diverse modalità per realizzarla, quale è meglio intraprendere?
Stephan Riechmann, responsabile della gestione dei progetti di trasferimento di data center presso Rosenberger OSI, offre oggi alcuni consigli.
Il trasferimento del DC può essere idealmente suddiviso in tre fasi: la prima è la stesura di una descrizione dettagliata del DC del cliente, elencando specialmente l’hardware da spostare. L’esperienza sul campo, infatti, dimostra spesso che gli elenchi disponibili non sono aggiornati o addirittura obsoleti. E’ consigliato fare sempre e comunque un inventario, possibilmente includendo anche il cablaggio, in modo da mappare l’intero scenario. Questa fase di controllo ha il vantaggio per il cliente di poter aggiornare gli elenchi degli asset, controllare le licenze e i contratti di manutenzione.
Progettazione accurata
La seconda fase è la progettazione del trasferimento. In linea generale la progettazione può essere ipotizzata su due alternative: il «big bang» e il trasferimento a ondate.
Il «big bang» è il trasferimento completo con spostamento dell’intero blocco dal luogo di origine al luogo di destinazione. Un «big bang» si effettua in un tempo ridotto ma la preparazione deve essere perfetta perché comporta un grosso rischio: quando il trasferimento è effettuato può funzionare tutto, oppure può non funzionare niente e in tal caso occorre tornare al vecchio scenario in modo super rapido senza aver raggiunto l’obiettivo.
Nel trasferimento a ondate, invece, l’operazione è suddivisa in piccole fasi su un periodo di tempo più lungo. Ad esempio, si può traslocare prima l’ambiente di test, poi l’ambiente di produzione, quindi lo storage. Dopo ogni passaggio si effettua un controllo sul funzionamento e, se superato, si progetta la fase successiva. Lo svantaggio è il tempo prolungato e la necessità di molto personale.
Come realizzare il trasferimento di un data center allora?
Anzitutto, si valuta la dimensione da trasferire e i luoghi del trasferimento; si valuta anche l’età delle apparecchiature. Dall’inventario analitico effettuato nella prima fase si può evincere se le apparecchiature sono già oltre la loro vita utile o non sono più abbastanza performanti. È il caso di fare un «lift & shift», vale a dire prendere l’hardware così come è e installarlo nella nuova sede, oppure cogliere l’occasione per un «tech refresh» con dispositivi più moderni, più veloci, che consumano meno energia?
Se si opta per il «lift & shift» è consigliato effettuare un test preliminare: spegnere e riavviare i sistemi. Funzionano? L’esperienza ci insegna che non sempre funzionano. Inoltre bisogna assicurarsi di disporre dei pezzi di ricambio perché se qualcosa si guasta è possibile intervenire.
La terza fase è costituita dal vero e proprio passaggio. A questo punto tutte le decisioni saranno state prese e la progettazione effettuata nei minimi particolari.
Devono esserci persone esperte che smontano gli apparecchi dal data center di origine e le spostano nel nuovo data center. Ovviamente devono essere valutati gli spazi di passaggio, le dimensioni degli accessi, le altezze e le larghezze dei corridoi del data center. Anche il pavimento va controllato perché deve sostenere il peso delle operazioni. Anche lo spazio esterno deve essere analizzato prima: saracinesche e rampe, porte e accessi: il trasporto di un rack completo è molto delicato. Inoltre, è meglio percorrere in anticipo il tragitto stradale che farà il camion per verificare i tempi, perché si lavora in velocità.
Questi e altri suggerimenti sono forniti da Rosenberger OSI con i servizi di consulenza per data center, servizi ora disponibili anche per le aziende italiane.