Se si valutano gli effetti che ha avuto la pandemia da Covid-19 sul mondo dell’information & communication technology, un risultato domina sicuramente sugli altri: l’ampio ricorso al cloud. Che si parli di transizione al digitale, di smart working, di telemedicina, ma anche di streaming video o audio, alla base c’è sempre l’uso del cloud.
Secondo le stime di Gartner, questa corsa al cloud ha portato nel 2021 a una spesa degli utenti finali a livello mondiale per i servizi cloud pubblici di 410,9 miliardi di dollari. Quest’anno dovrebbe crescere del 20,4% per un totale di 494,7 miliardi di dollari. E nel 2023, la spesa degli utenti finali dovrebbe raggiungere quasi 600 miliardi di dollari. È evidentemente una crescita logaritmica a conferma che, seppure sia passata la pandemia, il cloud è ormai un elemento cardine per ogni strategia ICT.
Sid Nag, research vice president di Gartner
Il cloud è la forza motrice delle organizzazioni digitali di oggi. I CIO hanno superato l’era dell’esuberanza irrazionale nell’acquisto di servizi cloud e stanno scegliendo in modo ponderato i fornitori di cloud pubblico per ottenere i risultati aziendali e tecnologici desiderati nel loro percorso di trasformazione digitale.
Gartner prevede che l’Infrastructure-as-a-service (IaaS) registrerà la più alta crescita di spesa per gli utenti finali nel 2022 (30,6%), seguito dal Desktop-as-a-service (DaaS) (26,6%) e dal Platform-as-a-service (PaaS) (26,1%). La nuova realtà del lavoro ibrido sta spingendo le organizzazioni ad abbandonare le soluzioni tradizionali di client computing, come i desktop e altri strumenti fisici in ufficio, per orientarsi verso il DaaS, che sta portando la spesa a raggiungere i 2,6 miliardi di dollari nel 2022. La domanda di funzionalità cloud-native da parte degli utenti finali spiega la crescita della spesa per il PaaS, che raggiungerà i 109,6 miliardi di dollari.
Quanto si spende per l’infrastruttura in cloud
I dati di Synergy Research Group mostrano che la spesa delle imprese limitatamente ai servizi di infrastruttura cloud (IaaS, Paas e hosted private cloud) nel primo trimestre 2022 ha sfiorato i 53,3 miliardi di dollari. Si tratta di un aumento del 34% rispetto al primo trimestre del 2021 e questo significa che per l’undicesima volta in dodici trimestri il tasso di crescita su base annua è risultato essere compreso tra il 34 e il 40%.
Amazon AWS continua a dominare il mercato con una quota a livello globale del 33%. Per il terzo trimestre consecutivo la sua crescita annuale è stata superiore a quella del mercato complessivo. Nell’arco dei 12 mesi, Microsoft Azure guadagna quasi due punti percentuali di share di mercato, raggiungendo il 22% del globale, mentre Google Cloud cresce di circa un punto percentuale. Questo porta l’azienda a conquistare il 9% di market share.
In aggregato, tutti gli altri fornitori di cloud hanno aumentato i loro ricavi di oltre il 150% dal primo trimestre del 2018, anche se la loro quota di mercato è scesa dal 48% al 36%, poiché i tassi di crescita sono molto inferiori a quelli tre hyperscaler. Più in dettaglio, la restante share si divide tra il 21% conquistato dai primi 10 inseguitori e il 14% dal resto del “gruppo”.
I benefici del cloud per le imprese
Un successo annunciato potrebbe dire qualcuno. In realtà, come concetto in sé, il cloud non è una novità, da parecchi anni sono disponibili servizi accessibili tramite Internet, come la posta elettronica o lo storage o applicazioni per l’office automation. Però per lungo tempo non hanno avuto il successo sperato e la loro diffusione, soprattutto in ambito aziendale è rimasta piuttosto limitata.
Solo in tempi recenti la tecnologia ha raggiunto un livello tale da consentire alle imprese di poter sfruttare al meglio le potenzialità del cloud. Essenzialmente, si tratta di 4 aspetti decisamente strategici.
- Costi – Sul cloud le spese sono calcolate secondo la modalità pay as you go, ciò significa che si paga solo quello che si usa. Non si deve acquistare nessun hardware né infrastruttura fisica: le macchine e lo storage li fornisce il provider e si usano solo per il tempo necessario. Della loro manutenzione e dell’aggiornamento si occupa il provider. Questo permette di ridurre le spese, che si trasformano da CapEx a OpEx, avendo sempre a disposizione tecnologie recente. Non solo. Non serve più personale da dedicare alla gestione dell’infrastruttura, che quindi può essere riassegnato a più proficue attività legate al business.
- Scalabilità e personalizzazione – Sul cloud l’hardware disponibile è pressoché illimitato e questo consente di scalare verso l’alto (o anche il basso, se serve) in tempi rapidi a seconda delle necessità. Questo permette di avere un elevatissimo livello di personalizzazione, sia per quanto riguarda l’hardware sia il software. Inoltre, al fine di stare al passo con le mutevoli richieste dei clienti e gli imprevisti stravolgimenti del mercato, sul cloud si possono sviluppare e lanciare rapidamente nuovi prodotti e servizi.
- Efficienza – L’alto livello di efficienza è un’altra peculiarità del cloud. Questo consente di avere efficienti back-up e recovery automatici di dati e applicazioni (anche in siti remoti), per cautelarsi contro eventuali disastri o problemi di attacchi alla sicurezza e anche ridurre al minimo i tempi di inattività nel caso di eventi inattesi e incidenti che potrebbero bloccare le macchine. Nel cloud la sicurezza è appannaggio del provider e i livelli di protezione forniti sono sempre molto alti e i software e dispositivi costantemente aggiornati.
- Continuità del servizio – L’uptime è un ottimo indicatore dell’affidabilità del servizio. E nel cloud l’uptime è solitamente molto elevato. Se poi si vuole la certezza di avere sempre lo stesso livello di uptime, si può stipulare con il provider un preciso Service Level Agreement.
Cosa cercano le aziende nel cloud
I vantaggi che può offrire il cloud sono chiari, ma le aziende ne sono consapevoli? In altre parole, perché scelgono di migrare al cloud? Flexera ha cercato di dare una risposta a queste domande attraverso il suo State Of The Cloud Report 2022. Dall’indagine è emerso che il motivo principale per cui le imprese scelgono il cloud è per potersi avvalere di servizi di sicurezza migliori di quelli che possono avere al loro interno. Lo ha indicato l’85% del campione, che era costituito da decision maker o responsabili IT aziendali. Tra le motivazioni che portano a scegliere il cloud (era prevista una risposta multipla), al secondo posto troviamo la mancanza di competenze o di personale in azienda (83%) e al terzo la possibilità di gestire meglio i costi (81%). Seguono la governance (77%), la più agile gestione delle licenze software (76%) e la compliance (76%).
Quale cloud scelgono le aziende
In un primo momento, le aziende cloud hanno scelto di migrare sul cloud pubblico accettando la proposta di un singolo provider. Però poi hanno preso coscienza del fatto che non tutti i cloud sono uguali, alcuni sono più adatti di altri a certe attività (come, per esempio, Amazon Web Services per la gestione dei dati o Google per le attività di advertising) e che anche i prezzi sono molto differenziati: un’azienda potrebbe perciò utilizzare l’IaaS di un provider di cloud pubblico per ospitare i propri carichi di lavoro, ma nel contempo potrebbe avvalersi di altri provider SaaS o PaaS per servizi come gli strumenti di produttività. Questo ha portato alla nascita del multi-cloud, una tendenza sempre più diffusa che prevede di avere attività differenziate su cloud differenti, potendo eventualmente spostare i dati o le applicazioni da un cloud all’altro.
Può però succedere che, per motivi di compliance normativa, di sicurezza o per il tipo di applicazione usata, chi utilizza un cloud pubblico non possa migrare totalmente i dati e il software sul cloud. Nonostante ciò, vorrebbe poter avvalersi degli stessi benefici e opportunità anche on premise. Per questi utenti esiste l’opzione del cloud privato, ovvero di gestire applicazioni e dati in un cloud dedicato. Si crea in questo modo un cloud ibrido, che permette di portare i carichi di lavoro più dinamici sul multi-cloud pubblico, mantenendo invece sul cloud privato (o anche in un data center on-premise) i carichi di lavoro più sensibili.
Progettare e vendere il cloud
Oggi i vendor di software stanno gradualmente portando le loro applicazioni sul cloud. È questione di tempo, ma tutte le imprese, di qualsiasi dimensione dovranno considerare l’opzione cloud. Questo offre importanti opportunità per i reseller e i system integrator che si trovano nella situazione di legarsi alle aziende con un contratto non più basato sulla vendita di prodotti e dell’eventuale assistenza, ma su servizi. Questo implica un rapporto che può durare nel tempo è quindi importante conquistare la fiducia delle aziende. In pratica significa diventare dei Managed Service Provider.
Oggi le imprese stanno capendo che andare sul cloud non è più evitabile, quantomeno per alcune attività. Stanno perciò iniziando a tentare di capire come muoversi, cosa migrare e quale cloud scegliere. Secondo Flexera, le PMI stanno passando rapidamente al cloud pubblico: circa il 62% dei dati delle PMI il 63% dei loro workload risiederà in un cloud pubblico entro i prossimi 12 mesi.
Un processo molto veloce, ma si tratta di aziende che solitamente hanno bisogno di aiuto per muovere i primi passi e di non sbagliare perché tornare indietro dal cloud, soprattutto quello pubblico, non è semplice.
Vendere il cloud vuole dire anzitutto capire i reali obiettivi dell’azienda e se sono realizzabili. Il risparmio non deve essere un obiettivo: il cloud non è gratuito e poter gestire i costi non significa risparmiare. Quello che deve essere chiaro è che il cloud consente di rendere più efficienti i processi e le attività. Questo permette di prendere decisioni migliori per il business ed essere più reattivi. Ed è questo il beneficio, il miglioramento e l’ottimizzazione delle procedure, che poi si può tradurre in un risparmio.
È questo che deve essere il presupposto di partenza in un progetto di migrazione al cloud. Il cliente deve capire che si può fidare e che può ottenere qualcosa di concreto e utile, non solo spostare delle spese dall’on premise al cloud.
Va però da sé che vendere il cloud significa assicurare la disponibilità di hardware sempre aggiornato, con il massimo livello di sicurezza e che soddisfi le compliance sulla privacy. In sostanza, essere un MSP non significa improvvisare ma avere solide basi, skill e personale adeguati per accompagnare le imprese in un lungo percorso senza che debbano pentirsi della scelta fatta. Se poi si scopre di non avere le competenze per soddisfare al meglio particolari richieste del cliente, si può chiedere supporto ai vendor, che sono più che mai disposti a fornire ogni tipo di assistenza.