Il vendor di software Liferay ha deciso che i tempi erano maturi per adottare un nuovo approccio al business. Un approccio cloud-first. Ha così modificato la sua offerta nonché il programma e le iniziative rivolte ai propri partner. Per saperne di questa nuova linea strategica, abbiamo intervistato Andrea Diazzi, Director e Channel Sales EMEA.
– Qual è la strategia commerciale di Liferay?
Liferay è un vendor di software di Digital Experience Platform. Veniamo dal mondo open source, i nostri fondatori hanno basato tutta la strategia aziendale sull’open source, quindi abbiamo un software aperto, modificabile, che tutti possono usare liberamente nella versione Community. È disponibile anche una versione Enterprise con un supporto specialistico e a pagamento che viene utilizzata da grandi aziende.
La nostra piattaforma, che può essere impiegata per realizzare portali e soluzioni Web, è usata da enti pubblici e privati che vogliono avere un’interazione con una determinata categoria di utenti. Possono anche essere portali B2B tra aziende, in cui viene regolata l’interazione tra un’azienda e propri fornitori o tra un’azienda e i propri rivenditori. Può essere anche un portale per i dipendenti, ovvero una Intranet, che oggi sempre più spesso viene chiamata digital workplace.
Questi tipi di progetti sono costruiti sulla nostra piattaforma che ha una serie di funzionalità pronte da utilizzare, ma che può essere anche personalizzata.
– Che tipo di azienda usa la piattaforma di Liferay?
Liferay in Italia è utilizzato dalla Pubblica amministrazione centrale, dagli organi dello Stato, dai ministeri, dal senato, dalle amministrazioni locali e dai sistemi sanitari regionali. Per esempio, il portale del Comune di Milano per il servizio al cittadino è basato sulla nostra piattaforma. Poi c’è il settore bancario, Banca d’Italia in primis, e ci sono tante compagnie assicurative che hanno creato sulla nostra soluzione il portale agenti, il portale clienti o il portale dipendenti.
– Da quanto siete presenti in Italia?
Ci siamo da oltre 11 anni, prima attraverso una rete di partner, poi dal 2017, anche con una vera e propria Liferay Italia. La nostra struttura conta oggi 25 persone. Le caratteristiche della nostra piattaforma sono sempre state quelle di consentire di costruire una user experience, una customer experience o anche una employee experience molto personalizzata, in funzione delle persone a cui si rivolge la soluzione.
Oggi abbiamo 18 partner che ci assistono nell’implementazione di questi progetti perché, pur avendo delle funzionalità out of the box, la piattaforma richiede un implementatore che sappia configurarla e che sappia fare degli sviluppi personalizzati. A livello EMEA abbiamo circa 160 partner.
– Dal vostro punto di vista, come si sta muovendo il mondo del software?
Negli ultimi anni c’è stato un cambiamento da un software che viene installato nelle macchine del cliente a un software che viene fruito direttamente dal cloud o anche da più cloud.
Il passo che abbiamo fatto, e che abbiamo completato il 15 marzo scorso con il lancio del Life Experience Cloud, è stato di ribaltare l’offering e trasformarlo in un cloud first. Oggi abbiamo quindi una soluzione direttamente disponibile su un cloud gestito da noi, che permette di ridurre la parte di scrittura di codice per la personalizzazione a favore di un aumento delle funzionalità configurabili.
In pratica, si tratta di un’offerta che appartiene al mondo SaaS, ovvero del software as service, in cui noi ci occupiamo di tutto, dalla gestione del software a tutti gli upgrade. E neanche prendere cloud esterni. Il nostro SaaS consente anche un alto livello di personalizzazione.
Questo è un grande passaggio, che ci ha portato a diventare un’azienda con un offering SaaS predominante rispetto all’on premise, che andrà gradualmente a scomparire.
In Italia, dove si è storicamente molto legati all’on premise, oggi ci si sta muovendo con vari progetti cloud, anche sul versante pubblico. Noi stiamo seguendo questo trend e lo stesso sta facendo il nostro sistema di partner. Prima avevamo un canale costituito esclusivamente da implementatori, adesso, con il nuovo offering cloud, si sono aggiunti partner meno tecnici appartenenti al mondo delle agenzie digitali.
– Questo significa che i partner stanno evolvendo o che ne avete acquisiti di nuovi?
Sono soprattutto i partner che stanno evolvendo, ma non solo. Siamo passati da puri tecnici implementatori a figure un po’ più business, che sono maggiormente focalizzate sul disegno del journey degli utenti e meno sul codice. Abbiamo fatto qualche cambiamento anche nel programma di canale, aggiungendo nuove certificazioni sulle vendite e reso certe specializzazioni obbligatorie. Abbiamo poi aperto l’ecosistema a player che non sono solo integratori puri, ma che vengono anche dal mondo delle agenzie digitali o delle Web Agency. Realtà che creano la UX e la UI (user experience e user interface).
– Quindi il fatto che non serve più scrivere codice per le interfacce amplia le possibilità di diventare vostri partner?
Quello che cerchiamo è una competenza diversa. Tuttavia, non per questo è meno complessa perché non si tratta solo di attivare o disattivare funzioni sulla dashboard. È una cosa un po’ più articolata che quindi, anche senza la necessità di scrivere codice, richiede comunque determinate competenze tecniche.
In pratica, siamo riusciti a creare un’offerta SaaS mantenendo comunque capacità di personalizzazione molto forti. Questo secondo noi è vincente perché un progetto software molto personalizzato quando c’è da fare un upgrade diventa molto complicato. Questo è stato il grande trade off: avere grande personalizzazione con limitati costi di upgrade. Ritengo sia una proposta innovativa.
– In un panorama molto votato all’on premise, come è stata recepita questa proposta che invece vede il cloud protagonista?
Non siamo noi che andiamo a dire al cliente “guarda che devi andare sul cloud e ti spingo sul cloud”. Già dall’interno delle aziende, ormai, ci sono gli impulsi per andare sul cloud. Anche per la Pubblica amministrazione, che peraltro è lenta in Italia, il cloud è il futuro immediato. Ormai non c’è più nessuno che non parli di cloud. Tutti discutono di una cosa, i budget, perché lo spostamento dall’on premise al cloud ha un costo. Per portare le tecnologie sul cloud solitamente non basta spostarle, bisogna modificarle e adattarle. Così tutti sono alla ricerca di budget per fare questa migrazione.
– Chi sta usando una vostra applicazione on premise che costi deve affrontare per migrare al cloud?
Se un progetto on premise è già realizzato basandosi sulla nostra tecnologia, per la migrazione si deve affrontare un costo contenuto. Invece, se il progetto è fatto su un’altra tecnologia e si vuole passare a Liferay molto probabilmente bisogna rifarlo completamente.
Ormai tutti hanno una strategia cloud, c’è chi è ancora on premise ma ha un traguardo cloud, perché il costo dell’on premise è molto più alto e i costi occulti sono infiniti. Si può dimostrare che in uno scenario di 5 anni l’on premise è molto più costoso e meno molto meno affidabile. Questo perché implica l’acquisto delle macchine, i tempi di downtime, i costi di software che sono necessari per far girare tutto il sistema (Liferay tra le altre cose, richiede un database che deve essere acquistato mantenuto e aggiornato). Oggi le proposte cloud sono molto più convenienti. Lo scoglio del cloud è la migrazione, il costo iniziale. Ma è una spesa che si deve affrontare una volta sola.
– Si è accennato prima a una vostra offerta cloud…
Esatto, la nostra offerta principale si chiama Life Experience Cloud, che è un cloud in cui noi gestiamo tutto lo stack tecnologico e l’installazione di Liferay. È fondamentalmente un servizio chiavi in mano. Però, il nostro software può essere installato anche su cloud di terzi, nel caso i clienti abbiano scelto offerte differenti.
– Rispetto alla vostra offerta, che ruolo ha il partner?
Il partner si occupa dello sviluppo del progetto. La nostra piattaforma, quando viene avviata per la prima volta è vuota. Della costruzione della Intranet o del portale si deve far carico il cliente, che di solito si rivolge a un implementatore per via delle competenze tecniche necessarie. Il ruolo del partner è sviluppare e accompagnare il cliente nel progetto.
Nel caso del nostro cloud, ci facciamo carico in prima persona della gestione dell’infrastruttura, ma ogni volta che bisogna modificare qualcosa nel portale interviene l’integratore, che di solito è un partner.
– Per il vostro nuovo servizio ritenete che dovrete aumentare il numero di partner?
La strategia di recruiting dei partner sta cambiando. I nuovi partner che entreranno avranno un profilo o caratteristiche che vanno a colmare lacune nel nostro ecosistema. Quindi un recruitment più selettivo, dando priorità ad aziende che vengono dal mondo delle agenzie digitali, che una parte che vogliamo coprire sempre di più e sempre meglio.
Desideriamo però anche espandere le partnership di tipo OEM, gli accordi in base a quali in cui un’azienda di servizi costruisce una soluzione verticale Powered by Liferay. Questo è un altro segmento di business che stiamo spingendo molto perché molti player si sono resi conto che costruire sulla nostra piattaforma consente di fare progetti molto verticali, specifici per determinati settori o utilizzi.