Connected workspace, uffici e postazioni di lavoro: le opportunità per il canale

Il ricorso all’hybrid working comporta un cambiamento nelle abitudini e nell’organizzazione di workspace e workplace, che devono essere adattati al nuovo modo di operare.

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Lo smart working è una realtà consolidata, il lavoro diventa ibrido e la mobilità è un fattore da cui non si può prescindere: ecco come reseller, VAR e system integrator possono sfruttare le nuove sfide del connected workspace.

Tra le soluzioni cui si è ricorsi in emergenza per far fronte all’esplosione del contagio da Covid-19 c’è anche lo smart working, una modalità di lavoro che ha rivoluzionato molti aspetti del modo di lavorare a cui eravamo abituati, compreso lo spazio di lavoro, il connected workspace.

Da emergenza a pratica consolidata

Quella di puntare sul lavoro da remoto e stata una decisone obbligata, che le aziende hanno dovuto prendere per poter continuare ad assicurare la continuità operativa anche quando non ci si poteva recare fisicamente negli uffici. Questo, però, ha permesso a molte persone di sperimentare un nuovo modo di lavorare, non più scandito dal tempo ma dagli obiettivi.

E ciò ha avuto un impatto tale sulla soddisfazione dei lavoratori che lo smart working è diventato una pratica consolidata e quindi è destinato a rimanere, anche quando finirà l’emergenza per il Covid-19. Questo soprattutto a fronte dei benefici riscontrati soprattutto in termini di equilibrio fra lavoro e vita privata. Tali effetti, secondo l’ultima ricerca condotta dall’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, si riscontrano nell’89% di chi lavora nelle grandi imprese, nel 55% delle PMI e nell’82% nella PA.

Così, dal dicembre 2021 lo smart working è stato incluso nel contratto di lavoro come opzione soddisfacendo così le innumerevoli richieste arrivate sia nelle aziende private sia nella Pubblica amministrazione di poter continuare a mantenere alcune giornate al mese in cui poter svolgere il lavoro da remoto anche dopo il Covid-19.

Ma per far diventare strutturale una pratica adottata come emergenza è necessario modificare diverse procedure organizzative in azienda, arrivando anche a predisporre un nuovo connected workspace, che tenga conto di necessità totalmente differenti da quelle a cui eravamo abituati prima dell’arrivo del coronavirus.

Il lavoro del futuro sarà sempre più ibrido

A onore del vero, lo smart working era già in uso prima che si diffondesse il Covid-19. Tuttavia, erano davvero poche le realtà che ne facevano un uso strutturale e comunque solo per tempi limitati. La riprova arriva dai dati raccolti dal Chartered Institute of Personnel (CIPD) nel rapporto Embedding new way of working post-pandemia prima della pandemia, il 65% dei datori di lavoro non offriva affatto la possibilità di lavorare in modo regolare da remoto o lo consentiva al massimo al 10% della propria forza lavoro. Nella fase post Covid-19 tale numero sarà notevolmente ridimensionato: si prevede infatti che si scenderà dal 65% al 37%.

L’Osservatorio del Politecnico di Milano entra più nel dettaglio dei numeri e indica che nel periodo post emergenza lo smart working dovrebbe rimanere una pratica abituale per circa 4,38 milioni di lavoratori, così suddivisi: 2,03 milioni nelle grandi aziende, 700.000 nelle PMI, 970.000 nelle microimprese e 680.000 nella Pubblica amministrazione.

Va però sottolineato che non si tratterà di un ricorso allo smart working come unica modalità di lavoro quanto invece di un’alternanza tra lavoro in sede e lavoro da remoto, quello che viene definito hybrid working. In questo senso, l’Osservatorio del Politecnico di Milano prevede che si potrà lavorare da remoto per 3 giorni la settimana nelle grandi aziende e per 2 giorni nella Pubblica amministrazione.

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Cambiano workspace e workplace

Come anticipato, il ricorso all’hybrid working non comporta solo un cambiamento nelle abitudini di lavoro ma anche nell’organizzazione di workspace e workplace, che devono essere adattati al nuovo modo di operare.

L’Osservatorio del Politecnico di Milano afferma che il 55% delle grandi aziende e il 25% delle pubbliche amministrazioni hanno già avviato degli interventi per adattare gli spazi aziendali, il workplace, dando priorità all’organizzazione degli ambienti di lavoro. In tal senso, la generale diminuzione del numero di presenze contemporanee in sede sta indicendo il 33% delle grandi aziende a ridurre degli spazi.

Per quanto riguarda il workspace, ovvero lo spazio dove si lavora, compresi tutti i dispositivi digitali di cui si ha bisogno per svolgere la propria attività, l’hybrid work comporta un importante incremento dei device mobili, dal notebook al tablet fino allo smartphone, e anche di tutti strumenti per la comunicazione, il software per la collaborazione e la condivisione dei documenti e altri eventuali dispositivi digitali. In sostanza, il connected workspace diventa l’elemento essenziale del nuovo modo di lavorare e in quanto tale deve poter consentire di essere operativi ovunque ci si trovi, un punto fondamentale per l’hybrid working.

Il connected workspace e il BYOD

I dipendenti si aspettano di avere un connected workspace adatto all’hybrid working, con dispositivi che gli permettano di lavorare agevolmente dovunque. In tal senso, spesso le aziende consentono il BYOD (bring your own device), ovvero l’uso di dispositivi propri anche per le attività lavorative. È stato proprio il ricorso massiccio al BYOD che in molte aziende ha concesso di avviare rapidamente lo smart working durante la pandemia.

Il BYOD fa nascere alcuni problemi per l’IT aziendale. In primo luogo, deve gestire device che non sono stati pensati per un uso aziendale con ciò che questo comporta in termini di configurazione. Inoltre, il BYOD può far nascere il problema dello shadow IT. Si tratta dell’uso di app e servizi cloud all’interno dell’ambiente aziendale senza che il dipartimento IT ne sia a conoscenza o abbia dato il suo consenso. Alcune app e servizi possono essere innocui o addirittura utili, ma comunque tutti creano nuovi rischi per la sicurezza IT aziendale.

Ottimizzazione del workplace

Le opportunità per il canale e i service provider

Connected workspace e, più in generale, hybrid working offrono nuove opportunità per reseller Var, system integrator e anche service provider. In primo luogo, la postazione di lavoro non è più un luogo fisico definito e il dipendente non ha più un posto assegnato: il lavoratore è mobile e, quando è in sede, l’azienda gli mette a disposizione nuovi spazi che lui condivide con altri colleghi. Non è quindi più necessario avere un telefono fisso e assumono più importanza le sale riunioni, nuova base di comunicazione tra i dipendenti. Ma sarà fondamentale che si possa coinvolgere anche chi non è presente in azienda.

In pratica, nasce la necessità di una nuova digitalizzazione aziendale. Deve entrare in azienda un maggior numero di notebook, smartphone e tablet, che devono poter essere adeguatamente gestiti come dotazione software e in termini di sicurezza. Ciò si traduce per il canale sia nella possibilità di vendere nuovi device e di abilitare una facile e sicura integrazione nel parco aziendale sia, soprattutto, nell’opportunità di corredare tali prodotti con servizi di mobile device management o anche di security management. Avere nuovi dispositivi mobili significa ampliare infatti il perimetro aziendale da proteggere e non sempre in azienda esistono le competenze, a volte mancano proprio le persone. Perciò avere la possibilità di devolvere in outsourcing la gestione della sicurezza può essere molto importante.

Comunicare e condividere

Il “nuovo” connected workspace deve consentire di comunicare e condividere facilmente contenuti e idee. È necessario quindi che siano adottate soluzioni hardware e software che semplifichino queste attività. Applicazioni come Microsoft Teams o Zoom possono essere un’opportunità, ma non possono essere usate “liberamente” dai dipendenti. Vanno integrate nell’IT aziendale e gestite a livello centrale.

Condividere può anche voler dire dover lavorare contemporaneamente sullo stesso documento e le stesse applicazioni. Il ricorso al cloud è sicuramente un ottimo modo per centralizzare le applicazioni e consentire l’accesso contemporaneo a più utenti, potendo anche scalare le risorse disponibili on demand in funzione delle necessità. E questo apre un’ulteriore opportunità per i provider.

Comunicazione e condivisione al tempo dell’hybrid working significa anche allestire sale riunioni con sistemi di comunicazione che prevedano di potersi collegare con utenti remoti.

Come l’ufficio, si smaterializza anche il classico centralino telefonico. Non ci sono più interni a cui passare telefonate. Nel connected workspace ogni notebook, tablet o smartphone può consentire di gestire telefonate, per essere rintracciati ovunque ci si trovi. Non serve più un costoso hardware dedicato e anche il centralino può quindi diventare una risorse software gestita tramite cloud. DI nuovo si crea un’opportunità sia per un progetto a sé stante sia per la fornitura di un servizio.

L’inizio di un rapporto che si protrae nel tempo

Il “nuovo” connected workspace e l’evoluzione dell’ufficio dovuta all’hybrid working offrono opportunità per il canale. Le aziende hanno la necessità di trasformarsi e di diventare più mobili. Questo le obbliga ad adottare nuove pratiche e a rivedere e riorganizzare la dotazione IT. È un’importante occasione per vendere nuove soluzioni, ma soprattutto di affiancare a tali soluzioni servizi che facciano la differenza e dei quali le aziende non potranno più fare a meno.

Senza poi dimenticare che anche la Pubblica amministrazione deve adottare in forma stabile l’hybrid working, per il quale potrà fare affidamento sui fondi previsto dal PNRR.