Il cloud ibrido aperto è la strategia consigliata da Red Hat per progettare, sviluppare e gestire un mix di applicazioni. La società è giunta a questa considerazione durante il Summit Connect.
Red Hat ha parlato delle tendenze dei differenti segmenti di mercato, analizzando le best practice e le tecnologie più adatta per garantire un reale miglioramento delle attività quotidiane. Tra i temi in evidenza: cloud, modernizzazione IT, edge computing, big data, IoT e mobile.
Rodolfo Falcone, Country Manager Italia della società, ha tracciato uno scenario macroeconomico. In soli tre anni, l’incidenza del mercato digitale sul PIL del Paese è passata dal 4% al 4,3%.
Tutto questo in un momento di forte fragilità per imprese e per il Sistema Paese. La trasformazione in atto è stata ulteriormente accelerata dalla pandemia. Il lavoratore medio e il cittadino si sono trovati a fronteggiare una “digitalizzazione arrembante”, compiendo importanti passi avanti e abbracciando il percorso introdotto dagli strumenti oggi disponibili.
Nel 2020, sono aumentati di 6 milioni i Certificati SPID, sono 19 milioni i cittadini in possesso di carta d’identità elettronica e sono stati oltre 6 milioni i dipendenti operativi in smart working.
Segni del tempo e del progresso. Segni che le imprese devono saper leggere e sfruttare.
L’anno in corso ha rappresentato una sfida importante a tutti i livelli. Con un PIL italiano 2021 previsto in crescita del +4,2% (rispetto a un andamento mondiale del +6%), le aziende devono definire in modo sempre più accorto il proprio processo di aggiornamento digitale.
In questo, il PNRR e gli stanziamenti previsti rappresentano una boccata d’ossigeno e una reale possibile per innovare.
Dei 222 miliardi di euro della manovra, quasi il 50% è destinato alla digitalizzazione e all’innovazione.
Come evidenzia Falcone, le sfide sono molte. Anche se, dopo aver assistito alla rapida reazione delle aziende native del cloud, molte grandi imprese si sono rese conto dell’importanza dell’elemento culturale.
Ciò ha confermato la necessità di trovare il giusto equilibrio tra cultura e tecnologia e di sviluppare un nuovo modo di lavorare, per far progredire l’azienda e convertirla in un’organizzazione realmente cloud-native.
L’adozione del cloud e le skill necessarie
La crescente adozione del cloud vedrà un parallelo aumento delle richieste di soluzioni as-a-Service, sulla spinta delle caratteristiche di flessibilità e ottimizzazione dei costi. Secondo IDC, quest’anno, il 64% delle organizzazioni europee ha destinato budget superiori per le soluzioni PaaS.
Sempre più spesso, il cloud prende la forma di un hybrid cloud o di un multicloud, perché le organizzazioni sono restie ad affidare tutti i loro asset a un unico cloud provider.
Anzi, la ricerca di quella flessibilità, anche economica, che è da sempre obiettivo della scelta, sta portando a un’adozione sempre più spinta dei container, che offrono grande agilità nello sviluppo e nell’erogazione di servizi.
Le aziende mettono dunque in atto una migrazione verso il cloud per step successivi, secondo logiche di refactoring, repurchasing, replatforming, lift and rehost. In questo scenario, però, solo il 10% della applicazioni e davvero “cloud native”.
Ciò è parzialmente spiegabile in relazione alle effettive competenze presenti nelle aziende. 141 grandi imprese, intervistate nel 2020 hanno individuato importanti fattori che frenano lo sviluppo. Secondo i referenti occorre sviluppare maggiormente le skill in ambito gestionale cloud e multi-cloud, nello sviluppo cloud native (per il 41% degli interpellati), oltre alle metodologie DevOps / Agile.
Per conferire un peso specifico a quanto esposto, Red Hat ha invitato un panel composto da Sergio Novelli, Chief Information Officer, Agos e Vincenzo Marchese, Head of Cloud Adoption and Technology Architecture, Poste Italiane. Hanno preso parte anche Benedetta Lanna, Recruitment & Talent Acquisition, Poste Italiane, Michele Panigada, Direttore Information Technology, SIAE, Andrea Biscuola, Product Owner, Enel e Domenico Impelliccieri, Head of Fast Cloud ICT & SAP Services, Fastweb.
Open source, la nuova normalità
Per tracciare il manifesto Red Hat e vedere da vicino le opportunità offerte, è intervenuto Giorgio Galli, Senior Manager Solution Architecture Presales Team Italia, Red Hat.
L’azienda si fa interprete delle moderne esigenze di business e di uno scenario globale che vede le imprese sempre più affamate di prestazioni, flessibilità operativa e scalabilità di costi e architetture.
Secondo Red Hat, una infrastruttura multi-cloud ibrida e aperta può soddisfare ogni richiesta.
Il cloud ibrido è, oggi, la scelta migliore, con oltre il 63% delle realtà di rilievo che adottano questo tipo di soluzioni e un ulteriore 19% / 20% pronto a integrarlo nella strategia aziendale entro 24 mesi.
“In questo contesto – sottolinea Galli – la mission Red Hat è quella di costruire la migliore piattaforma a supporto del business. Missione che si concretizza con Enterprise Linux e Openshift. Quest’ultima è una piattaforma completa, che permette di gestire i carichi di lavoro, costruire App cloud native, sviluppare Insight a partire dai dati e molto altro.
Il sistema consente di realizzare hybrid multicluster, appoggiandosi a Red Hat Advanced Cluster Management for Kubernetes e la componente Cluster Security. Tutto questo in dialogo aperto con i singoli nodi server edge, i lavoratori remoti e il cloud, grazie a OpenShift”.
Proprio OpenShift offre una tra le più ampie possibilità di integrazione per una infrastruttura ibrida, grazie al dialogo con AWS, Azure, IBM Cloud, le soluzioni gestite dai partner, quelle dedicate e container on-premise.
In definitiva, il cloud ibrido aperto è la strategia consigliata da Red Hat per progettare, sviluppare e gestire un mix ibrido di applicazioni. Solo così è possibile ottenere un’esperienza cloud veramente flessibile con la velocità, la stabilità e la scalabilità richieste per la trasformazione del business digitale.