Ricoh: le aziende italiane sono pronte per il lavoro ibrido?

Una ricerca condotta da Opinion Matters per conto di Ricoh Europe ha cercato di rispondere alla domanda: Le aziende italiane sono pronte per il lavoro ibrido?

lavoro remoto

Ricoh si è chiesta se le aziende italiane siano o meno pronte per il lavoro ibrido.

Attraverso una ricerca, voluta da Ricoh Europe, si è messo in evidenza come le imprese del nostro Paese siano convinte dell’importanza dell’innovazione tecnologica, per esempio in ambito intelligenza artificiale e automazione dei processi, ma non sempre questo si traduce in investimenti a favore della produttività.

Sono trascorsi più di 18 mesi da quando l’emergenza Covid-19 ha costretto le aziende a rivedere le proprie modalità di lavoro in favore del Remote Working.

Nonostante ciò, solo il 39% delle imprese italiane ha dotato i propri dipendenti di tecnologie per continuare a lavorare in modo efficace e a collaborare con i propri colleghi anche fuori ufficio.

Questo è quanto emerge da una ricerca condotta da Opinion Matters per conto della società su un campione di 250 decision maker italiani. Una ricerca che è partita dalla domanda: Le aziende italiane sono pronte per il lavoro ibrido?

Ricoh: le aziende italiane sono pronte per il lavoro ibrido?
Postazione di lavoro da remoto

La maggior parte degli intervistati (64%) riconosce il ruolo fondamentale che l’intelligenza artificiale e l’automazione dei processi ricoprono in contesti di lavoro ibrido in un’ottica di produttività, ma questa consapevolezza non corrisponde poi ad effettivi investimenti.

I risultati dello studio dimostrano come le aziende non comprendono a fondo le barriere a cui molto spesso le persone si trovano di fronte quando lavorano da remoto.

Ad esempio, i decision maker sono convinti che i dipendenti abbiano tempo a sufficienza da dedicare ad attività a valore aggiunto e al supporto ai clienti, mentre i lavoratori affermano tutt’altro.

Il 76% dei manager intervistati ritiene infatti che il proprio staff impegni 180 minuti al giorno in attività a valore rispetto alla media di 73 minuti stimata dai dipendenti europei coinvolti in una ricerca dello scorso marzo.

La mancanza di investimenti in soluzioni che consentirebbero alle persone di lavorare da qualunque luogo dimostra come le aziende non siano preparate per l’hybrid working.

Ricoh: le aziende italiane sono pronte per il lavoro ibrido?
David Mills, CEO di Ricoh Europe

Oltre la metà (60%) dei responsabili decisionali delle imprese italiane sostiene che la collaborazione in ufficio sia essenziale per il futuro successo della propria organizzazione.

Malgrado questa convinzione, solo il 34% ritiene che nei prossimi 12 mesi si tornerà in presenza per tutti i cinque giorni della settimana lavorativa, un fatto che rende ancora più indispensabile dotarsi di soluzioni per l’hybrid working.

David Mills, CEO di Ricoh Europe, commenta: “Le imprese ritengono importante l’aspetto della collaboration, ma devono riuscire a trovare il giusto equilibrio tra la cultura aziendale e lo spirito di squadra – che meglio si esprimono quando ci si incontra in ufficio – e i vantaggi del lavoro ibrido. Non bisogna dimenticare che le tecnologie per la produttività da remoto supportano le persone anche quando queste si trovano in ufficio. Questo vale in particolar modo per gli strumenti basati su IA e automazione. I dipendenti chiedono questi sistemi con sempre maggiore insistenza, poiché essi consentono loro di liberarsi di lavori manuali a favore di attività a valore aggiunto”.

Nicola Downing, COO di Ricoh Europe, aggiunge: “Negli ultimi 18 mesi le aziende hanno dimostrato di saper fronteggiare perfettamente gli eventi imprevisti. Nonostante questa resilienza, se ora non investono nelle tecnologie necessarie a garantire flessibilità ai dipendenti rischiano di perdere i migliori talenti. Le imprese devono ricordarsi che l’implementazione di modalità di lavoro ibrido che tengono conto delle esigenze dei dipendenti è fondamentale in un’ottica non solo di produttività, ma anche di valorizzazione delle persone e di retention”.