La crisi scatenata dalla pandemia di Covid-19, sulla scia della Brexit e delle tensioni commerciali USA-Cina, ha costretto le aziende ancora una volta a concentrarsi sulla capacità di adattarsi, reinventarsi e rimanere produttive sostenendo il proprio business e la propria supply chain.
I cambiamenti nell’ambiente e nell’economia globale saranno sempre più frequenti. Basti pensare che i 40 peggiori disastri meteorologici nel 2019 hanno causato, ciascuno, danni superiori a un miliardo di dollari, e che ogni anno la posta in gioco aumenta con un mercato globale soggetto a controversie commerciali più frequenti.
È indubbio che, in un contesto economico sempre incerto e volatile, le aziende che hanno sviluppato intenzionalmente le capacità di affrontare l’ambiguità e l’imprevedibilità, la resilienza, avranno maggiori probabilità di prosperare.
Si è parlato molto di resilienza negli ultimi mesi, trascurando spesso il suo duplice significato e cosa realmente comporti per le aziende che la vogliono attuare.
Non si tratta infatti solo di riprendersi da una crisi, come si intende comunemente, ma di rinascere come nuova realtà in uno scenario fluido, in continua trasformazione, nel quale le aziende non possono più permettersi di essere colte alla sprovvista quando avvengono nuovi cambiamenti repentini.
È quindi necessario identificare delle aree di intervento per attuare una strategia di resilienza, declinata in digitale, capace di accompagnare il business verso la sua evoluzione futura.
Ci sono aree specifiche sulle quali è necessario soffermarsi. Il digitale rappresenta oggi la via maestra per identificare e realizzare nuovi servizi creando uno spazio per crescere, guardare a nuovi guadagni e quindi colmare le perdite subite. Anche realtà del settore manifatturiero, che in passato potevano sembrare psicologicamente più lontane dal concetto di digitalizzazione, hanno scelto di orientarsi verso nuove tipologie di servizi e prodotti “digitali”, ponendo sempre più al centro l’esperienza del consumatore, la cosiddetta customer experience.
Le catene di approvvigionamento sono sempre più interconnesse e per essere resilienti in questo contesto occorre saperle ottimizzare, ripensando in ottica digitale tutti i processi aziendali e sviluppando in modo nuovo le proprie operazioni. Un ruolo importante in questo ambito è svolto dalle tecnologie di RPA (Robotic Process Automation) che consentono di mitigare il rischio di errori umani e velocizzare i processi e ottimizzare la supply chain.
Per far sì che i propri dipendenti siano operativi da qualunque luogo e postazione e sfruttando qualsiasi device, un’azienda deve avere ripensato i propri processi in un’ottica digitale sviluppando l’Empowering people.
Le aziende resilienti, infatti, hanno la capacità di adottare un modello operativo con una visione integrata del rapporto tra persone e tecnologia, quello che Boston Consulting Group (BCG) definisce “The Bionic Company”, e riescono a offrire il meglio da entrambi i punti di vista. Secondo l’analista solo questa prospettiva consente di ottenere risultati finanziari superiori, quasi raddoppiando la crescita degli utili, contribuendo a un aumento di 2,4 volte del tasso di crescita del valore di un’azienda.
A oggi, solo il 2% dei dati a disposizione delle aziende è stato concretamente analizzato. La maggior parte del patrimonio a nostra disposizione non lo è. I dati rappresentano una miniera d’oro per le aziende ma richiedono un impegno consistente per estrarre, raffinare il prodotto e arrivare a un risultato, trasformando il dato grezzo in una azione intelligente a vantaggio del business.
I dati consentono di capire in quale direzione si sta andando fornendo un più ampio supporto ai decisori aziendali, e, in alcuni casi, tramite l’automatizzazione di specifiche azioni.
Il passaggio ad azienda “data-driven” non implica però solo l’adozione di strumenti tecnologici per garantire la qualità del dato e analytics per la sua comprensione ma anche un profondo percorso di change management in grado di portare la cultura del dato a tutti i livelli aziendali.
La maggiore dipendenza dai sistemi digitali ha aumentato l’esposizione delle aziende dal punto di vista della sicurezza: supply chain sempre più estese, con flussi globali di dati e informazioni sensibili che crescono in modo esponenziale offrono una maggiore “superficie” di penetrazione aumentando il rischio con effetti a catena che si propagano rapidamente nelle reti.
In un mondo dove il focus del business si sposta sul digitale la cybersecurity rappresenta non solo un fattore che non le aziende non possono permettersi di trascurare ma anche una parte integrante del business.
Assistiamo infatti a un cambiamento evidente: non esiste più una disarticolazione tra business e security, anzi, la sicurezza digitale diventa una leva per il business digitale, capace di differenziare anche sul mercato quelle aziende che hanno saputo nel tempo guadagnarsi la fiducia dei consumatori grazie proprio a più elevati standard di sicurezza.
L’ottimizzazione di questi aspetti porta l’ottimizzazione dei costi e l’aumento della produttività. Una volta che un’azienda è redditizia in ognuna di queste dimensioni, può infatti lavorare per diventare “future-ready”, ovvero pronta per affrontare possibili crisi future e differenziarsi sul mercato.
Le aziende che hanno saputo investire e reinventarsi rispetto a queste aree, infatti, si troveranno a gestire un margine operativo lordo e flussi di cassa nettamente migliori delle altre.
Un serbatoio a cui attingere per eventuali reinvestimenti, nella ricerca e nello sviluppo, ad esempio, ma anche una protezione per assorbire eventuali colpi davanti a nuove ristrutturazioni del mercato.
È evidente come negli ultimi mesi le aziende che si sono trovate in una situazione fragile dal punto di vista finanziario, con poca capacità di investire in un momento in cui era necessario farlo e anche in modo veloce, siano state le prime a subire le conseguenze della pandemia.
Non a caso Gartner in proposito utilizza il termine “antifragility” dichiarando che per le aziende oggi andare oltre l’agilità verso l’anti-fragilità è ormai un requisito esistenziale. La corporate resiliency, quindi, può rappresentare una via preferenziale per guardare positivamente al futuro, un percorso di maturità che porta le aziende a saper fare fronte a eventuali nuovi rischi di instabilità, avendo la capacità di reagire.
a cura di Christian Parmigiani, Chief Executive Officer di 4wardPRO