Solo l’8% delle Pmi non ha intenzione di fare investimenti in trasformazione digitale nei prossimi due anni. Sono molte, quindi, le Pmi italiane a voler dare un’opportunità alla digitalizzazione. Questo è uno dei punti fermi emerso dalla ricerca condotta da Var Group parte del gruppo Sesa, in collaborazione con doDigital, società specializzata in attività di indagine e servizi di consulenza per l’innovazione digitale.
La ricerca è stata condotta nelle settimane tra luglio e ottobre 2020, proprio tra il termine del primo periodo emergenziale e la seconda ondata, su un campione di 250 Pmi italiane con un fatturato compreso, per il 70%, tra 10 e 50 milioni di euro e per il 20% oltre i 50 milioni di euro, rappresentativo di diversi settori industriali e manifatturieri: agroalimentare, carta e packaging, GDO, manifattura, tessile e abbigliamento, mobili e arredamento, servizi, chimica e farmaceutica.
La leva strategica della digitalizzazione
In un momento in cui l’emergenza pandemica si abbatte sui ricavi, a fronte di una generalizzata riduzione dei budget, tra le imprese che ritengono che la digitalizzazione sia una leva strategica per uscire dalla crisi, solo l’8% dichiara di non prevedere investimenti per progetti di trasformazione digitale nei prossimi due anni.
“La situazione emergenziale ha permesso alle aziende di focalizzare meglio esigenze e priorità e ha imposto l’accelerazione di processi decisionali e la maturazione di scelte concrete“, ha affermato Francesca Moriani ceo di Var Group. “In questo contesto la trasformazione digitale diventa leva per uscire dalla crisi generata dall’emergenza: le tecnologie digitali sono per tutti asset prioritari per fare efficienza e ottimizzare il business, ma nella roadmap degli imprenditori a tendere c’è l’adozione di tecnologie innovative a partire da AI e machine learning, IoT e big data. La nostra ambizione è supportare le aziende nel definire questa roadmap traducendo in soluzioni l’innovazione tecnologica e creando un ecosistema di innovazione che ci permetta insieme di lavorare per la ripartenza economica del Paese. È fondamentale che a questo sforzo delle imprese per resistere alla crisi e rilanciare l’economia dopo l’emergenza, corrisponda un analogo impegno del Paese a realizzare le infrastrutture digitali necessarie allo sviluppo tecnologico”.
Attraverso la survey e le interviste, la ricerca ha identificato le priorità digitali che le Pmi italiane considerano irrinunciabili nell’immediato e quelle considerate indispensabili a tendere, nei prossimi 3 anni.
L’innovazione nella trasformazione
Quanto intendono investire e con quali priorità in termini di innovazione digitale le piccole e medie aziende oggi? Quali applicativi e competenze cercano oggi e nel prossimo futuro? Quali saranno i trend dell’innovazione nelle imprese da qui ai prossimi tre anni?
L’emergenza ha imposto gli applicativi digitali per la collaboration come priorità per le Pmi, ma non solo per lo smart working.
il 75% delle imprese considera come prioritaria la collaboration, intesa come la necessità di digitalizzare i percorsi di comunicazione e socializzazione delle informazioni e della conoscenza aziendale. Da notare che la priorità non si riferisce solo ai processi interni, l’esigenza cioè non è solo quella di ottimizzare lo smart working, ma riguarda tutti i processi trasversali anche esterni all’azienda: per esempio per gestire in modo più sostenibile e agile anche i rapporti con i partner e i fornitori esterni.
Ridurre i costi, aumentare la produttività con gli applicativi digitali per la logistica e la gestione del magazzino. Le iniziative correlate all’automazione, l’accelerazione delle operazioni di prelievo e dei percorsi di picking sono gli ambiti applicativi digitali prioritari per la maggior parte delle aziende, pari al 74% del campione considerato.
Customer engagement, gli applicativi digitali per la gestione dei clienti, ma la data intelligence è ancora per pochi.
Il 63% delle imprese annovera tra le priorità della digitalizzazione il Customer engagement con l’introduzione di sistemi di CRM e il rafforzamento di soluzioni già presenti. Sono solo circa la metà quelle imprese che ritengono importante l’adozione di iniziative volte ad abilitare progetti di data intelligence per l’estrazione e l’elaborazione dei dati archiviati e sono meno del 50% quelle che vedono nella servitization una priorità: evidenziando come questi temi non siano ancora sufficientemente maturi in termini di adozione.
Quali prospettive? Le Pmi vedono AI e Big data nel proprio futuro
Solo il 35% circa delle Pmi, infatti, adotta oggi tecnologie di gestione dei big data e data intelligence, ma sale a 52 la percentuale delle imprese che si aspetta di farlo tra tre anni.
Analogamente per le tecnologie AI e machine learning, a fronte del 14% delle imprese che le adotta oggi nei propri processi, sale al 37 la percentuale di PMI che prevede di adottarle nei prossimi tre anni.
Le competenze per ripartire, ecco quelle di cui le Pmi non potranno fare a meno
L’estensione degli applicativi in azienda impone l’integrazione di nuove competenze. A conferma della necessità di aumentare l’efficienza dei processi le competenze considerate più urgenti sono: il lean thinking, la cybersecurity e la governance dei sistemi informativi.
“La necessità di fare di più con meno che ha caratterizzato l’intero periodo dell’emergenza sanitaria tuttora in corso, ha spinto le aziende a considerare le tecnologie digitali come strumenti fondamentali per operare con maggiore efficienza lungo la filiera produttiva e logistica e con maggiore efficacia nell’interazione verso i clienti“, spiega Francesca Saraceni, ceo doDigital e ricercatrice sui temi di innovazione digitale. “Tale risultato è da considerarsi importante sotto due differenti punti di vista: da un lato le tecnologie digitali sono di fatto valutate come asset prioritari per fare efficienza e ottimizzare il business. Dall’altro lato emerge in modo naturale una solida roadmap per le aziende che collocano in una prima fase la necessità di consolidare la propria backbone operativa e successivamente mirano a costruire su questa i servizi ad alta innovazione per aprire a nuovi modelli di servizio e alla realizzazione di nuovi prodotti“.