La guerra al ransomware è reale. Negli ultimi anni, questa forma di attacco è diventata una minaccia particolarmente efficace contro le aziende.
Abbiamo assistito a ingenti attacchi che hanno reso le multinazionali, ma anche i governi, vulnerabili e incapaci di portare avanti le attività chiave per il business. Nel 2017, WannaCry ha bloccato i reparti IT ospedalieri di tutta Europa, con oltre 200.000 computer colpiti, confermando il potenziale distruttivo del ransomware.
Sebbene WannaCry e Petya siano ancora gli attacchi ransomware più rilevanti, secondo lo studio di Europol 2019 Internet Organized Crime Threat Assessment (IOCTA), questa forma di cyber-attacco è in aumento. Le aziende devono saper riconoscere questa minaccia e prendere provvedimenti per prepararsi, difendersi ed essere pronte a porvi rimedio. Si tratta di un passo fondamentale per evitare di fornire in un secondo momento una risposta non pianificata e probabilmente inefficace a un attacco ransomware. In questo senso, una difesa efficace e una strategia a più livelli è composta da tre elementi chiave: formazione, implementazione e rimedio. Inoltre, avere un approccio ultra-resiliente per il backup, il recupero e il ripristino dei dati è vitale per garantire la continuità aziendale in caso di emergenza.
Educare il business
Ci sono due principali pubblici di riferimento che dovrebbero essere indirizzati dal punto di vista della formazione: il personale IT e gli utenti aziendali. È importante rivolgersi ad entrambi i target, in quanto le minacce possono arrivare da entrambi i soggetti.
I principali punti di ingresso per il ransomware sono il Remote Desktop Protocol (RDP) o altri meccanismi di accesso remoto, il phishing e gli aggiornamenti software. Sapere che questi sono i tre meccanismi principali di ingresso è un grande aiuto per capire dove investire per essere resilienti dal punto di vista del vettore dell’attacco.
La maggior parte degli amministratori IT utilizza il protocollo RDP quotidianamente, con molti server RDP collegati direttamente a Internet e ciò deve per forza di cose cessare. Gli amministratori IT possono anche essere creativi sulla creazione particolari indirizzi IP, reindirizzando le porte RDP, creando password complesse e altro ancora, ma parliamoci chiaro: i dati dicono che la metà degli attacchi ransomware arriva via RDP. Ciò conferma che l’esposizione dei server RDP a Internet non è in linea con una strategia lungimirante contro i ransomware.
L’altra modalità d’ingresso più frequente è il phishing email. Sarà capitato a tutti di vedere un messaggio di posta elettronica un po’ strano e scritto non correttamente. La cosa giusta da fare è cancellarlo. Non tutti gli utenti gestiscono queste situazioni allo stesso modo, però. Ci sono strumenti per valutare il rischio di successo di un attacco di phishing che l’azienda può utilizzare, come ad esempio Gophish e KnowBe4. Questi strumenti di autovalutazione, in combinazione con attività di formazione per aiutare i dipendenti a identificare le e-mail o i link di phishing, possono essere una modalità efficace di prima difesa.
Il terzo aspetto è il rischio di sfruttare le vulnerabilità. Mantenere aggiornati i sistemi è una responsabilità informatica consolidata e sempre molto importante. Anche se non è un compito particolarmente affascinante, potrebbe essere un rapido aiuto nel caso in cui un attacco ransomware sfruttasse una vulnerabilità nota e corretta. E’ fondamentale tenere aggiornati gli asset IT critici: sistemi operativi, applicazioni, database e firmware dei dispositivi. Una serie di ceppi di ransomware, tra cui WannaCry e Petya, si sono basati su vulnerabilità scoperte in precedenza che sono state successivamente corrette.
Implementare e rimediare
Anche le aziende che seguono le migliori pratiche per prevenire l’esposizione al ransomware sono a rischio. Sebbene la formazione sia un passo fondamentale, è necessario prepararsi al peggio e disporre di una soluzione di backup storage ultra-resiliente.
In Veeam crediamo nell’approccio del 3-2-1 come strategia generale di gestione dei dati. Questo tipo di approccio suggerisce che ci siano almeno tre copie dei dati importanti, su almeno due diversi tipi di supporto, e che almeno una di queste copie sia fuori sede. L’aspetto migliore di tutto ciò, è che non è richiesto alcun tipo particolare di hardware ed è abbastanza versatile da affrontare quasi tutti gli scenari di malfunzionamento.
Nella strategia 3-2-1, la copia ‘uno” deve essere ultra-resiliente, ovvero air-gapped, offline o inalterabile. Ci sono diverse forme di supporto su cui questa copia di dati può essere memorizzata in modo altamente affidabile, ad esempio i supporti su nastro, backup non modificabili in S3 o S3-compatibili, supporti air-gapped e offline, o software as-a-service per il backup e il Disaster Recovery (DR).
Nonostante queste tecniche di formazione e di attuazione, le organizzazioni devono comunque essere pronte a porre rimedio a una minaccia. L’approccio Veeam è semplice. Non pagare il riscatto. L’unica opzione è quella di ripristinare i dati. Inoltre, le aziende devono pianificare la loro risposta quando viene scoperta una minaccia. La prima azione è contattare il supporto. I clienti Veeam hanno accesso a un team dedicato con interventi specifici che li guidano nel processo di ripristino dei dati nel corso di attacchi ransomware. Non mettete a rischio i vostri backup, sono essenziali per il ripristino.
In qualsiasi tipo di attacco, la comunicazione è una delle principali sfide da superare. È importante avere un piano e degli strumenti per contattare le persone giuste anche se non sono subito raggiungibili. Ciò include group text, numeri telefonici e altri meccanismi normalmente utilizzati per uniformare la comunicazione tra i team estesi. In questo elenco dei contatti devono esserci anche esperti in sicurezza, nel rispondere agli incidenti e nella gestione delle identità – interni o esterni all’azienda.
Bisogna inoltre fare delle riflessioni sull’autorità decisionale. Le aziende devono decidere chi chiamare per il ripristino o per il failover prima che si verifichi un incidente. Una volta presa la decisione di effettuare il ripristino, le aziende devono implementare ulteriori controlli di sicurezza prima di rimettere in funzione i sistemi. Si deve anche decidere se il ripristino di un’intera macchina virtuale (VM) è la miglior soluzione o se ha più senso un ripristino a livello di file. Infine, il processo di ripristino stesso deve essere sicuro, eseguendo scansioni antivirus e anti-malware complete su tutti i sistemi e forzando gli utenti a modificare le loro password dopo il ripristino.
Sebbene il ransomware sia una reale minaccia, con la giusta preparazione le aziende possono migliorare la propria resilienza per ridurre al minimo il rischio di perdita di dati, e finanziarie così come di danni alla reputazione. Un approccio a più livelli è fondamentale. E’ necessario formare i team IT e i dipendenti per ridurre al minimo il rischio e ottimizzare la prevenzione. E, in ogni caso, implementate soluzioni che garantiscano la sicurezza e il backup dei dati. Infine, siate pronti a porre rimedio ai sistemi di dati attraverso il backup completo e le capacità di DR in caso di fallimento delle altre linee di difesa.
a cura di Rick Vanover, Senior Director of Product Strategy Veeam