Oggi, se doveste chiedere alle imprese chi ha governato la digital trasformation verrebbe spontaneo pensare al CEO o al CTO. C’è un terzo ‘soggetto’ che si è imposto agli onori (e dolori) dell’opinione pubblica, in questi ultimi tempi, si tratta del COVID-19.
“E’ una battuta che gira di questi tempi, facendo un po’ di ironia ovviamente, ma non siamo molto lontani dalla realtà. In presenza di cambiamenti imposti, vedi millenium bug, crisi finanziaria del 2008, fatturazione elettronica, conformità delle comunicazioni al GDPR, le nostre decisioni e reazioni sono più rapide. Quello dell’e-commerce, del lavoro agile, della riconversione di progetti o catene produttive – spiega Emmanouel Raptopoulos, Amministratore Delegato di SAP Italia – sono solo alcuni esempi che evidenziano il ruolo fondamentale delle tecnologie digitali. Guardando al medio termine, sono diversi i punti dell’agenda che guideranno l’ordine del giorno dei CEO per i prossimi 5 anni. Ma di questi quelli che determineranno il futuro delle imprese saranno sicuramente l’evoluzione in un’organizzazione intelligente, lo sviluppo di servizi ed esperienze digitali affidabili per clienti, partner e dipendenti, la definizione del nuovo valore della propria organizzazione all’interno della digital economy”.
Non si può prescindere dall’argomento pandemia, di questi tempi, e nemmeno tralasciare quanti e quali strascichi abbia lasciato. Di sicuro, questo periodo, che non è ancora giunto al termine, fa molto parlare di sè.
E lo stesso ha fatto l’AD di Sap in Italia, sottolineando come le priorità del CEO siano cambiate ma, di fatto, le pedine più importanti nella scacchiera decisionale delle aziende hanno un ruolo ancora più importante e stimolante. Abbiamo rivolto alcune domande all’Amministratore delegato, in linea con la sua presentazione.
Se l’aspetto, anche un po’ ironico, del Covid-19 come motore che ha governato la digital transformation nelle aziende, in questi ultimi tempi, nell’ambito delle priorità del CEO è stato evidenziato anche un aspetto importante che riguarda il CFO. Che relazione ci deve essere, oggi, tra CFO-CMO e CIO?
Come spesso avviene in tempo di crisi, al CFO oggi viene richiesta una gestione oculata dei costi, di garantire il flusso di cassa e aiutare il CEO a fare scelte basate sul ROI. Aumenta quindi l’importanza di poter effettuare analisi accurate in tempo reale. Il ruolo dei dati sta esplodendo. Per valutare correttamente la posizione finanziaria di un’azienda, un CFO deve accedere efficacemente ai dati. La chiave di volta sta nel poter identificare all’interno di una grande quantità di informazioni i dati intelligenti e di trasformarli poi in azioni. Il compito più urgente per un CMO oggi è invece ridisegnare il nuovo customer journey, che è stato drammaticamente rivoluzionato dalla crisi pandemica in seguito alla crescente necessità di stabilire relazioni digitali con clienti e partner basate su fiducia e trasparenza. In entrambi i casi, determinare quali sono le funzionalità del software necessarie per rispondere alle nuove sfide e tenere il passo delle tendenze tecnologiche richiede una forte collaborazione con il CIO. Questa partnership aiuta a convalidare i dati finanziari dei nuovi progetti, individuare gli strumenti che garantiscono una customer experience esclusiva e identificare la tecnologia più innovativa e più semplice da implementare e usare.
Esiste, a suo parere, una nuova figura professionale che, specie nelle aziende manifatturiere, prenderà sempre più un ruolo rilevante post pandemia?
Prima della crisi da COVID-19 le principali leve di business di un’azienda manifatturiera erano focalizzate su vantaggio competitivo, riduzione dei costi, produttività, sostenibilità e innovazione. L’attenzione per molti produttori ora è diventata la sopravvivenza o la limitazione dei danni. Sono almeno tre le fasi che la maggior parte dei produttori si trova ad affrontare: sopravvivenza, recupero e gestione del business nel nuovo paradigma post crisi. L’obiettivo di tutte le aziende è quello di arrivare alla fase 3 il più presto possibile e al minor costo. Nel definire il modello operativo per la fase 3, verranno presi in considerazione gli insegnamenti tratti dalla crisi e si cercherà di costruire un business più flessibile e agile. Si porranno alcune domande fondamentali come: dove erano i punti deboli? quali sono state le decisioni più gravose e perché? cosa ci avrebbe aiutato ad affrontare meglio la crisi? Credo che alcune aziende stiano già capendo che i sistemi e i processi in essere non erano adatti per fronteggiare l’emergenza sanitaria. È troppo presto per dirlo con certezza, ma da alcuni primi segnali sembra chiaro che uno dei principali punti deboli è stato la mancanza di visibilità in tempo reale su quello stava succedendo all’interno dell’organizzazione. La visibilità univoca e certa è essenziale per supportare le decisioni aziendali, ancor di più in un periodo di pandemia globale. La maggior parte delle architetture dei sistemi è attualmente costituita da un mix eterogeneo di applicazioni e silos di dati. Queste architetture si traducono in una latenza di informazioni e nella mancanza di un’unica vista in tempo reale sull’andamento del business. Credo che un altro insegnamento di questa crisi sarà capire la forte dipendenza delle aziende manufacturing dal capitale umano e dagli impatti del distanziamento sociale. Se infine scendiamo a un livello più profondo dei meccanismi delle supply chain, in particolare nel settore della produzione, troviamo una ulteriore grande area di miglioramento. Quindi lo scenario è piuttosto complesso, penso che più che esserci un ruolo esistente che vedrà accrescere la propria importanza nell’era post COVID, assisteremo a una diversa attenzione e sensibilità ai nuovi temi che questa emergenza ha messo in evidenza. Operations, Supply Chain, Sustainability Manager lavoreranno insieme all’ecosistema aziendale per affrontare le nuove sfide e rispondere meglio alla domanda di prodotti in caso di picco imprevedibile, capire dove sono le spedizioni di materie prime e quali alternative esistono, come è configurata la loro rete di distribuzione, come garantire un ambiente sano e sicuro ai loro dipendenti.
Come deve cambiare, secondo il Ceo, l’analisi della CX?
L’esperienza del cliente è la somma delle percezioni che un’organizzazione crea intorno ai propri prodotti e servizi, prima, durante e, soprattutto, nella fase post-vendita. Ma l’unico punto di vista che conta quando si tratta dell’esperienza che questi punti di contatto creano è quello del cliente. Con l’aumento della condivisione sui social media, è diventato poi fondamentale per le aziende investire in nuove tecnologie e sviluppare nuovi modi di collaborazione con i clienti per controllare la correttezza del proprio posizionamento e narrazione. Quello che i CEO sanno oggi è che una buona strategia CX non si esaurisce con l’analisi, è molto di più. Il primo passo per comprendere l’esperienza dei clienti è spesso la mappatura del percorso che una persona compie per arrivare a un brand. Visualizzare il percorso, non solo i punti di contatto, aiuta a inquadrare l’esperienza dal punto di vista del cliente e far capire a ogni funzione aziendale l’impatto che gioca sull’esperienza dei clienti. Fino a quando le diverse parti dell’organizzazione non saranno consapevoli del proprio contributo sulla CX, i progressi saranno limitati. I programmi di CX più solidi sono in grado di fornire informazioni dettagliate in tempo reale su ciò che i clienti stanno vivendo e su come tali esperienze influenzano la loro fedeltà al marchio. Per offrire un’esperienza coerente su tutto il customer journey, è estremamente utile porsi in un una posizione di ascolto costante. Sollecitare – e riferire – feedback dei clienti in tempo reale su tutti i punti di contatto aiuta a identificare i problemi e a dare priorità agli elementi da migliorare. Infine, comunicare quali azioni sono state intraprese per migliorare l’esperienza è essenziale: i clienti vogliono sapere che non stai solo ascoltando ma anche agendo. E il passaparola positivo che deriva dal coinvolgimento diretto dei clienti e dalla risoluzione dei problemi è un enorme contributo al modo in cui il business viene percepito dai clienti attuali e potenziali.