Dopo due ore di discussione alla tavola rotonda sull’evoluzione dei system integrator, ho chiesto a Maria Rita Casella, psicologa interessata alle morderne applicazioni dell’analisi del comportamento, al comportamento verbale, al linguaggio e alla cognizione, che ha seguito tutta la discussione, di ‘tirare le fila’ sul dibattito e dare un suo parere da esperta sui toni del confronto, sui problemi che possono essere superati e risolti, sul linguaggio utilizzato per esprimere i concetti. Quello che segue sono le sue considerazioni al termine del dibattito.
“Il mio ruolo è stato quello di osservatrice silenziosa del dibattito. Non entrerò nel merito di ognuno di voi, ma quello che ho notato è che sono emersi molti temi che accomunano un po’ tutti. Ciò che ha riscaldato molto la discussione è stato il problema finanziario e del credito, rivelatosi un’esigenza preponderante delle aziende. Questo tema ha portato la conversazione a un punto di stallo in cui emergevano più problemi che opportunità.
Il dialogo si stava quasi chiudendo ma il clima è poi cambiato e sono emersi altri temi che riguardano la responsabilità (dell’azienda ma anche del cliente), la formazione, la gestione del cambiamento anche a livello culturale, la sicurezza e le relazioni tra le aziende ed i loro rappresentanti.
In particolare, quando parliamo di responsabilità del cliente, la domanda che mi sono posta è: la responsabilità del cliente, come viene gestita affinché non diventi una deresponsabilizzazione di chi offre il servizio?
Il valore dei dipendenti
In questo senso è opportuno creare un livello collaborativo tra aziende per generare una co-responsabilità, gestendo questo tipo di atto comunicativo nel contratto stesso. Anche il tema della formazione si è rivelato molto caldo, collegato ai fondi economici da dedicare a esso. Su questo, ho posto due domande in particolare. La prima è stata: come date valore ai vostri dipendenti, all’interno della vostra azienda, a prescindere dalla formazione? Il patrimonio di competenze presenti genera un valore interno trasferibile all’esterno?
Spesso si perde di vista il valore già presente dato dai dipendenti, quindi l’ulteriore domanda che sorge è: quanto è presente all’interno della vostra azienda l’apprezzamento del valore dei vostri dipendenti? E’ scientificamente provato che il riconoscimento di un valore, genera altro valore non solo in termini economici ma in termini di competenze produttive e ciò può tradursi nella voglia, da parte dei vostri dipendenti, ad esempio, di fermarsi mezz’ora in più oltre l’orario di lavoro, non perché quel lavoro è visto come un dovere ma perché esso viene considerato un arricchimento personale e al contempo dell’azienda stessa. Esso quindi diventa parte di un obiettivo personale e aziendale.
Ricollegandoci al concetto di ‘gestione culturale del cambiamento’, esso rappresenta un argomento molto complesso, che abbraccia anche la sicurezza informatica e la relazione tra aziende e clienti. Tuttavia, quello che a mio avviso è emerso come elemento importante è l’attenzione a quanto il contesto sociale ed economico sia pronto a un determinato tipo di innovazione e, a quanto l’azienda si occupa di preparare il contesto a quel tipo di innovazione.
La paura
E’stata proprio la sicurezza informatica ad animare molto gli animi dei presenti. Dal dibattito è emerso che vi è la tendenza a lavorare sulla gestione del rischio in termini molto concreti, ma occorre tener presente che alla base di tutto c’è sempre un aspetto emotivo che condiziona ed è insito in ognuno di noi, e si tratta della paura.
Affrontare la paura implica un’accettazione dell’incertezza sia da parte del cliente, sia dell’azienda. Da qui si è passati a discutere di etica, di reputazione, di fiducia e di valori (personali e aziendali) che necessitano di essere implementati nella singolarità di ogni azienda, affinchè essi diventino uno standard valoriale dell’azienda stessa.
Non è un caso che la conversazione si sia spostata sui valori, perché la rivoluzione digitale si è gradualmente iscritta in un quadro socio-economico ben definito, caratterizzato da quel particolare “humus”culturale che Zygmunt Bauman ha descritto con l’immagine incisiva della “liquidità”.
Bauman afferma che “all’interno del mondo liquido l’individuo post-moderno vive come immerso in un mare di relazioni, abilità e conoscenze in continua evoluzione, dalla validità temporanea (pensiamo all’approccio consumistico del take away o dell’usa e getta), che lo abituano, proprio come i liquidi a mutare forma in base al contenitore che lo rende visibile e contiene, mentre lo rendono incapace di assumere impegni e forme d’identità credibili, stabili e solide.”
La fluidità nella comunicazione
La difficoltà emersa maggiormente è proprio riuscire a navigare in questa “fluidità” che abbraccia il contesto sia culturale sia economico. A questo proposito, un aspetto importante emerso durante la discussione è che, da un’iniziale comunicazione “scambiativa”, che prevede la condivisione di informazioni arricchendo le conoscenze già possedute, si è gradualmente passati a una comunicazione di tipo generativo, vale a dire che consente di creare nuovi contenuti e nuovi punti di vista di una data situazione.
Ed è quest’ultimo tipo di comunicazione che potrebbe diventare il motore del cambiamento nella comunicazione aziendale, abbracciando così anche tutti gli altri temi emersi, in quanto è proprio grazie allo scambio non competitivo tra le aziende che si aumenta la recettività e la flessibilità al cambiamento”.
a cura di Maria Rita Casella, psicologa interessata alle morderne applicazioni dell’analisi del comportamento, al comportamento verbale, al linguaggio e alla cognizione.