Anno 2020: Come si sono evoluti i system integrator? Tra reseller e system integrator è il cloud a fare da spartiacque? Acronis, BB Tech Group, Bitdefender, OVHcloud, Spitch, Tech Data e Venticento ne hanno discusso in questa tavola rotonda di cui vi proponiamo la prima parte dello speciale.
Sostanziale tenuta del mercato e fiducia nella distribuzione da parte dei rivenditori che vedono nel distributore un ottimo alleato dal punto di vista lavorativo. Credono nel cloud ma sono ancora un po’ incerti sugli investimenti. Va alla grande il modello IaaS e SaaS che disegna un rivenditore sempre più consulente per il proprio cliente.
Nel mercato italiano la fanno da padroni il networking, la sicurezza e il cloud computing con crescite a doppia cifra. “Una tendenza che osserviamo – spiega Isabel Aranda, Country Director Italy di Context – è il modello a consumo. E’ dove il mercato sta andando perché è centrato sul cliente e sulle esigenze dello stesso. E’ un mercato che ha un valore in più anche per i clienti che hanno la possibilità di rendere ammortizzabile un canone in 3 o 4 anni attraverso un canone fisso. E’ prevedibile che questo modello as a service aiuti a ottimizzare la capacità e anche la velocità di implementazione perché aiuterebbe il cliente a non effettuare un investimento iniziale corposo.
Ci sono studi che testimoniamo che per il 65% dei casi il ruolo del rivenditore è comprendere quali sono le reali necessità di investimento dei clienti. Si parla di collaboration e Open Innovation, ossia creare alleanze in modo da poter offrire ai clienti finali la soluzione più adatta al loro business. Tutto questo deve essere supportato dalla distribuzione. Oggi il distributore ha un ruolo che deve evolvere. Deve essere un broker delle informazioni, all’incrocio tra vendor e rivenditore, deve essere il facilitatore, l’aggregatore. Dalla Channel Watch abbiamo chiesto quali sono i punti di forza dei distributori ed è emersa la velocità, come aspetto fondamentale. In seconda istanza che fanno un buon lavoro e seguono bene il portale dei clienti a ruota, ovviamente, il supporto finanziario. In un mercato in cui gli attori fanno poi fatica a trovare i profili giusti, o a tenere le persone più adatte e formate perché la Digital transformation va aiutata con la tecnologia ma va guidata dalle persone. Sono le persone, i talenti che portano avanti la Digital transformation. L’importanza di avere una capacità uno stile degli skill sia tecnici sia commerciali e di essere certificati in Italia trovare le persone si fa fatica e tenerli in casa ancora di più”.
Parlando di as a service entriamo nei dettagli della discussione con un disributore che, lo scorso novembre, aveva parlato di questo aspetto. Si tratta di Giampaolo Bombo, amministratore delegato di BB Tech.
BB Tech ha iniziato nel 2013 spostando scatole, ma oggi sempre più siamo consulenti di soluzioni complete da fornire in modalità di servizio, perché non tutti i clienti con cui andiamo a operare hanno le capacità economiche per comprare l’infrastruttura e quindi ci chiedono di poter utilizzare a consumo la soluzione completa: che parte dall’hardware e arriva alla soluzione in cloud.
Nel contesto poi ci sono i diversi player che sono i nostri competitor. Ma chi sono? Nel mio caso sono i vendor e i distributori, che possiamo considerare concorrenti ma anche colleghi, perché hanno dei brand che sono diversi da quelli che portiamo sul mercato, magari più rinomati, più ricercati, più costosi. Il concetto di dire vado a operare con dei prezzi anche adatti a un mercato di fascia bassa è importante e lo si può fare solo se puoi utilizzarlo come servizio e non vendendo la soluzione completa. E quindi questa migrazione che stiamo facendo è un fattore che diventa chiave per il 2020.
Vincenzo Bocchi, One Software and Next Generation Technologies Director di Tech Data ci spiega i cambiamenti di Tech Data e come questa si leghi esigenze delle aziende oggi?
Oggi l’intera catena del valore si sta trasformando nell’ottica della digital transformation. Dai vendor agli end user stessi c’è un’esigenza di acquisire nuove competenze e nuovi modelli di business. Questo, per noi, è un elemento fondamentale per posizionarci sul mercato. Oggi, al di là di tutta la complessità di cui stiamo parlando, lavoriamo con tre tipi di partner, tre tipi di rivenditori o system integrator. Chi ha capito che il proprio lavoro è quello di fare il system integrator e quindi lavorare sul cliente, quindi fa project management, service management, prendere uno SLA, avere un modello operativo costruito sui servizi e sulle competenze relative all’erogazione dei servizi, poi ci sono i solution provider. Quando si parla di competenza distintiva, per esempio, sono pochissime le aziende che hanno competenze kubernetes di livello adeguato per sviluppare progetti complessi. Anzi ce ne sono poche che ne hanno e quasi nessuna in grado di scalare su grandi progetti, quindi l’elemento delle competenze distintive focalizzazione su IP right o su una competenza particolarmente importante appartiene ai solution provider. E poi ci sono i partner di mezzo che sono quelli che, con un grado di maturità più o meno evoluto, hanno capito l’esigenza e la stanno gestendo ciascuno a modo loro.
Uno dei temi del consolidamento porta le aziende a vendere per razionalizzare le competenze. Stanno vendendo per avere comunque un’efficacia su mercati diversi. Oggi in ambito IT è fondamentale la pianificazione strategica. E in quest’ambito ci posizioniamo noi. Perché da un lato stringiamo le mani ai partner che hanno le competenze distintive o le soluzioni da portare sul mercato, dall’altro facciamo sempre più partnership con i system integrator per diventare loro fornitori di quello che può loro mancare.
Nella via di mezzo sta tutta la necessità, per noi sempre più importante, di sviluppare proprio sulle next Generation Technology o IP Right nostri, quindi erogare servizi per il Partner (il nostro go to market è chiarissimo: andiamo da un rivenditore non andiamo sull’end user), e dall’altro andare a sviluppare tutta una serie di modelli operativi il cui centro è abitualmente il Marketplace cloud, che portino le soluzioni sul mercato. Oggi una parte rilevante del nostro mercato è IaaS e Paas. Abbiamo migliaia di partner che si muovono da soli sul nostro marketplace, fanno provisioning di cloud ma sempre di più il distributore deve aggiungere servizi e soluzioni.
La velocità della trasformazione è sotto gli occhi di tutti. La ricerca di competenza altrettanto. Enrico Dellù, CEO di Venticento si ritrova in questa logica?
Siamo sempre stati un’azienda cliente-centrica, il customer care è una delle cose più importanti su cui abbiamo puntato.
Dobbiamo capire che, pur avendo un fatturato del 75 quasi 80% di rivendita, bisogna essere pronti al fatto che tra poco i grandi player cloud venderanno al posto nostro. Quindi noi dobbiamo fare un passo indietro su quello che andiamo a vendere. Si deve partire dalla base, creare dei servizi che sono di orchestrazione, di correlazione del dato, perché poi i prodotti che i clienti andranno a prendere, parleranno daranno delle informazioni e noi dovremo essere in grado di gestirle tutte insieme. Quindi dobbiamo aiutare il cliente a spendere bene i soldi, a gestirli e far capire loro cosa succede sia a livello di utilizzo di risorse sia soprattutto a livello di sicurezza.
Uno sforzo notevole che va a toccare anche ambiti e realtà aziendali che non necessariamente riescono ad essere pronte e reattive per soddisfare l’esigenza del cliente. Isabel sosteneva che il rivenditore sta diventando sempre più un consulente e l’esperienza del cloud ci sta portando verso una realtà che galoppa. Marco Scognamiglio, Cloud Solutions sales specialist OVHcloud come vi ponete in questo concetto di evoluzione?
No no evoluzione mi sembra che sia giusto. Abbiamo aggiunto cloud, dopo OVH, perché la tendenza è quella di passare da un’infrastruttura inizialmente hardware a cloud per il semplice fatto che è sempre più dinamica e risponde alle esigenze contingenti del progetto. Quindi basta fare overprovisioning, basta fare investimenti iniziali sul progetto sbilanciati su quello che poi è il ritorno del progetto stesso, quindi un partner che va incontro alle esigenze contingenti del progetto e del proprio cliente e crea un ecosistema dove tutti forniscono il proprio livello di competenze. Anche noi ci stiamo specializzando.
Noi siamo sempre stati molto forti sull’infrastruttura non arriveremo mai a vendere soluzioni finali come potrebbe essere un Software as a Service, noi ci fermiamo al Platform as a Service, perché vogliamo creare la base su cui poi si aggiungano delle competenze dove tutti i player possano contribuire per fornire al cliente finale un servizio degno al nostro livello di infrastruttura. Anche noi ci siamo spostati molto sul progetto, non più sulla singola soluzione. Quindi, partiamo dal progetto, analizzandone le esigenze, e il cloud risponde benissimo. Ma è anche un’arma a doppio taglio perché fornisce al cliente la possibilità di cambiare da un provider all’altro, quindi, carica il provider della responsabilità di essere innovativo, competitivo e molto agile. Lo step successivo sarà passare a kubernetes, perché dall’infrastruttura fisica si è passati al cloud, dove si virtualizza, ma siamo ancora legati alla vecchia concezione della virtual machine che fa il verso all’hardware. Kubernetes diventa ancora più liquido e si trasforma nel vero e proprio servizio. L’’infrastruttura sarà sempre più resiliente, responsive e scalabile.
Questa liquidità, questa velocità di comprensione rispetto a quello che sta succedendo alla nostra tecnologia non è alla portata di tutti. E credo che la soluzione non sia facile da affrontare. Denis Cassinerio, Bitdefender Director Sales South Europe, come si insinua il discorso sicurezza?
Il tema della sicurezza trascende tutte le discipline della trasformazione digitale e diventa ancora più importante nel momento in cui la crescita, dovuta alla trasformazione digitale, è esponenziale. L’accesso alle tecnologie e alla digitalizzazione diventa meno costoso e più veloce dal punto di vista dell’implementazione. Quindi il riconoscimento del valore del dato e della sua protezione è fondamentale con le pressioni che arrivano dalla normativa e dall’esigenza di mettere in sicurezza questo percorso. La prima considerazione è che siamo in un mercato specialistico. È un mercato piccolo quello della sicurezza informatica. Non può garantire alla totalità degli operatori dell’IT di specializzarsi e vivere di sicurezza informatica. Quindi sul totale mercato italiano di digital market, che dovrebbe essere attorno ai 30 miliardi, la sicurezza varia tra il miliardo e 1,3 miliardi, a seconda dei rilevamenti. Questo 1,3 miliardi è per il 75% servizi altamente specializzati. Quindi, il cloud porta alcuni benefici sotto il profilo tecnologico, soprattutto nell’ambito dell’orchestrazione delle informazioni e della threat intelligence.
Dal punto di vista dei controlli di sicurezza produciamo tecnologia che rientra nell’ambito di quelli applicati per mettere in sicurezza la digitalizzazione. Si necessita di capire il contesto e cosa accada per poter erogare una sicurezza efficace. In questo il cloud aiuta.
Quindi il fatto di centralizzare questa threat intelligence e metterla a disposizione degli operatori aiuta la tecnologia a essere efficiente. Ciò significa però che non è il cloud il vero attore che trascina la sicurezza informatica ma la comprensione di come mettere in sicurezza le informazioni a partire dalla loro governance e dall’applicazione. Bisogna garantire la protezione ma bisogna anche essere in grado di arrivare a fare rilevamento di indicatori di compromissione e di attacco per aiutare a mantenere lo stato di resilienza nell’ambito della security.
Per poter fare questo tipo di operazione il cloud indubbiamente aiuta, ma è la specializzazione a fare da ago della bilancia. Oggi, sia che si lavori in ambito business sia consumer è necessario sapere quale è l’area di specializzazione, quali sono i talenti all’interno del processo di digitalizzazione e anche nell’adozione del cloud quali sono le competenze. Diciamo che, da una parte, la sicurezza oggi è un’area di investimento molto forte, il cloud aiuta complessivamente a semplificare ma risulta un settore dove la specializzazione, gli investimenti sulle persone e la ricerca di talenti è ancora molto difficoltosa.
La specializzazione è fondamentale. Mauro Papini, Country manager Southern Europe, ME & Med di Acronis è d’accordo con Cassinerio?
Abbiamo una visione piuttosto simile a quella di Bitdefender. Siamo abbastanza complementari. Se dalle rilevazioni di business potessimo togliere l’incidenza che Microsoft ha relativamente al cloud, con Azure, o Apple negli smartphone, troveremmo numeri molto differenti. Secondo le rilevazioni Context, il 17%, in Italia, sono coloro che hanno venduto servizi cloud, ma se togliessimo Office 365 e Azure da questo contesto, la percentuale precipita a livelli imbarazzanti e questo sarebbe positivo per chi ha cominciato a proporre servizi cloud di questo genere. I veri service provider però sono molto pochi.
Ma la buona notizia è che quei 23 mila di cui ci parlava Isabel (Aranda, ndr), che in Italia saranno 6/7000 nel BtoB e lavorano in maniera continuativa, una parte di loro, nei prossimi anni, diventerà provider. Questa è una cosa che mi piacerebbe vedere in futuro. Tornando al discorso del System Integrator e in generale della trasformazione del canale verso il cloud, ci sono diversi modi di interpretarla, ma prima bisognerebbe definire chi è il system integrator.
A mio parere sono pochi i veri system integrator. Escludendo tutti i veri system integrator tutti gli altri sono reseller che vendono tecnologie diverse e le integrano. I System Integrator continueranno a esistere e si evolveranno verso il cloud se i vendor e il canale distributivo li porterà a fare questo passo.
Rosa Maria Molteni, Marketing and Communication Manager di Spitch, vede il mercato dei rivenditori riproporre lo stesso schema del sistema imprenditoriale industriale italiano. Una realtà industriale che si è frammentata troppo lasciando al palo un percorso socio culturale ed economico. Il timore di Molteni è proprio che si stia virando verso questa deriva, con gli stessi problemi del mercato industriale.
“Un fenomeno socio-culturale che cannibalizza i talenti, li forma e poi li butta nella mischia pretendendo risultati immediati. Questa è una lotta. Bisogna rivedere il sistema generale perché si rischia di arrivare a una struttura di base che partendo dal contesto economico sfoci in un dissesto finanziario. Il tema dell’as a service non porta ad avere certezze nelle vendite: se questo conta per il 20% del fatturato cloud è un conto, ma se tutto il fatturato è as a service si rischia di non poter fare una pianificazione a medio-lungo termine”